Qualità dei contenuti: siamo entrati nell’era quantistica

Riflettere sull’ingresso nell’era quantistica vuol dire pensare alla capacità di una macchina di capire la qualità di un contenuto, di valutarla e di giudicarla. In ambito Seo, attualmente, si sente spesso fare riferimento alla semantica, intesa come la possibilità per un motore di ricerca di capire, o comunque di intuire, la bontà di un contenuto. Insomma: scrivendo un articolo con certe parole e non altre, secondo una certa logica e non un’altra, sulla base di un certo progetto e non di un altro, è probabile che Google posizioni tale articolo ai primi posti delle pagine dei risultati delle ricerche degli utenti, anche in assenza di link che possano farlo salire in “classifica”. In realtà, un approccio di questo tipo non centra perfettamente il punto.

La questione rilevante, infatti, non è il contenuto in relazione al motore di ricerca, ma il contenuto in relazione a chi legge, cioè all’utente. Esistono, addirittura, degli specifici indici attraverso i quali il grado di leggibilità di un testo può essere calcolato: è il caso, per esempio, della formula di Flesh, che però è valida unicamente per i testi in inglese e, per altro, viene adoperata anche nel celebre plugin Yoast Seo; per i testi in italiano, invece, si fa riferimento all’indice Gulpease. Le macchine, però, non sono come le persone: almeno per il momento.

Uno stesso argomento può apparire superfluo se scritto in un certo modo e molto utile se scritto in un altro modo; oppure, uno stesso articolo può rivelarsi povero di informazioni per una certa utenza (per esempio, un pubblico già molto competente su quel tema) e ricco di informazioni per un’altra utenza (per esempio, un pubblico non esperto, magari composto da ragazzi). Tutto dipende dalla capacità di comprendere un testo del singolo individuo: ed è proprio questa la ragione per la quale Google cerca di raccogliere la maggior parte delle informazioni a sua disposizione a proposito degli internauti, anche facendo riferimento alle azioni sui social. Senza che si debba pensare ogni volta al discorso della privacy, dunque, si può sostenere che l’azione di ricerca da parte di Mountain View sia, in un certo senso, finalizzata a migliorare la fruizione da parte dell’utenza.

Un Google che conosce gli interessi, gli hobby, le competenze, le abitudini e gli spostamenti delle persone non ficca il naso nella vita privata degli individui per soddisfare una sete di voyeurismo fine a sé stessa, ma ha lo scopo di garantire una maggiore aderenza tra i contenuti mostrati e i contenuti effettivamente ricercati dagli utenti. La qualità di un testo scritto, in sintesi, può essere giudicata in modo oggettivo da un motore di ricerca, ma non è detto che quella valutazione oggettiva sia anche universale e valida per tutti.

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